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A Castel Volturno studenti a confronto sulla droga

Lunedì l’ultima tappa della Carovana di don Mazzi

sabato 24 maggio 2008, di redazione


Si concluderà lunedì prossimo, 26 maggio, all’Isis di Castel Volturno il viaggio in provincia di Caserta della Carovana della Fondazione Exodus, presieduta da don Antonio Mazzi.
L’iniziativa è sostenuta dagli assessorati provinciali alla Pubblica istruzione e alle Politiche sociali e dal centro "Fernandez", guidato da Antonio Casale, che ospita la Carovana.
Exodus si occupa da 25 anni del recupero dei ragazzi provenienti dalla tossicodipendenza e dall’area del disagio. In Terra di Lavoro il progetto sta consentendo agli studenti degli istituti superiori di confrontarsi sui temi dell’uso di sostanze stupefacenti e della legalità, attraverso le testimonianze dirette dei giovani ospiti della comunità itinerante. Perché si finisce per drogarsi? Quanto pesa il disagio in famiglia sul fenomeno? È proprio vero che dalle droghe leggere si passa a quelle pesanti? E per astinenza si può morire? Sono alcune delle domande più frequenti che gli studenti hanno posto ai dodici ragazzi che hanno raccontato le loro storie nel corso delle tappe casertane, alcuni dei quali stanno scontando così le misure di recupero alternative al carcere.
Dopo aver toccato Casal di Principe, Capua e San Cipriano, stamane la Carovana si è spostata all’Itc "Stefanelli" di Mondragone, mentre domani sarà la volta dell’Isis "Manzoni" di Caserta.
"Attraverso la metafora del viaggio e la dimensione dell’avventura - spiega Giancarlo Pignone, responsabile della Carovana - i ragazzi vengono accompagnati in un percorso educativo creativo e libero, finalizzato all’acquisizione della capacità di orientarsi positivamente alla vita".
Soddisfatto l’assessore provinciale alla Pubblica istruzione, Ferdinando Bosco: "Con questa iniziativa - sottolinea - abbiamo dato l’occasione ai nostri studenti di discutere di droga e legalità ascoltando il racconto diretto di quanti hanno vissuto in prima persona il disagio. Anziché leggere dai giornali o seguire in tv le storie di dolore, i ragazzi hanno potuto apprenderle dal vivo, misurandosi anche con le proprie emozioni e sensazioni, in un’esperienza che ha legato insieme, come un unicum indissolubile, linguaggio verbale e non verbale".

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