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’Lawrence Ferlinghetti: Il poeta della luce nella notte’, un articolo del compianto G. Rotoli sul poeta della beat generation

mercoledì 24 febbraio 2021, di redazione


E’ morto, a 101 anni, Lawrence Ferlinghetti, il poeta della beat generation. Se ne occupò nel numero 9 della rivista culturale "il Mulo", nel 2003, il nostro amico e compianto prof. Giuseppe Rotoli, anche lui poeta nonché fine e sensibile critico letterario, per molti anni presidente degli ’Amici della Musica’ di Pignataro M. Ci piace riprodurre qui quell’articolo che ci permette di apprezzare l’uno e l’altro

All’età di 81 anni, Lawrence Ferlinghetti, figlio di un emigrato bresciano, il poeta più amato e più odiato negli Usa, ha dato alle stampe due anni fa, ed edito da Mondadori in Italia nell’agosto del 2002, il sorprendente volume ’Cos’è la poesia’. Non traggano in inganno gli anni del poeta, perché se avete la fortuna di leggere la raccolta vi accorgerete di come sia possibile conservare freschezza mentale, vivacità intellettuale, profondità di pensiero anche a questa veneranda età: l’intera opera è una sfida alla muffa di certa poesia accademica e stantia, consumistica e di moda nel mondo anglo-americano.
Di che si tratta? La silloge è un volume di tre sezioni: Storia dell’aeroplano, Cos’è la poesia? e Sfide per giovani poeti.
La prima parte è un accorato inno all’America scritto all’indomani dei tragici eventi dell’11 settembre. La poesia, di 59 versi, è suddivisa in 9 strofe di varia lunghezza e percorre le tappe della storia dell’aeroplano. All’inizio è speranza di progresso e di pace:

E i fratelli Wright dissero che pensavano di aver
inventato
qualcosa che poteva portare pace sulla terra.

Subito dopo il lettore si accorge della forte opposizione del mondo animale:

ma il parlamento degli uccelli fu atterrito
da questo uccello fabbricato dall’uomo e fuggì nell’alto
dei cieli.

Il componimento fluisce leggero e levigato grazie ad un vocabolario tratto dal registro della lingua quotidiano, grazie alla sintassi regolare e semplice. Il poemetto si distacca in modo marcato dalle numerosissime opere composte in difesa acritica dei valori dell’Occidente, minacciati dall’Oriente presentato come malvagio e violento. Tale atteggiamento non rientra nella visione del mondo di Ferlinghetti che, nel lungo corso della sua vita, si è sempre distinto per la vocazione anti-consumistica e antagonista ad ogni forma di oppressione. Difatti nei momenti più difficili della storia del XX secolo, lo troviamo in prima fila, anticonformista e sovrano del pensiero divergente a contrastare l’onda lunga dell’appiattimento culturale e spirituale degli Stati Uniti e dell’Europa Occidentale.
Negli anni ’50 del secolo scorso, insieme ad Allen Ginsburg e Jack Kerouac, pone le basi per la nascita e la diffusione del movimento dei Figli dei Fiori nelle Università americane e della Beat Generation. Sempre negli anni ’50, per dare impulso alla poesia e diffonderla tra i ceti popolari, fondò la prima casa editrice di volumi economici, la City Lights, che ben presto divenne il centro d’incontro dei giovani poeti che si opponevano alla poesia accademica, vuota, formale e appesantita dalla tradizione. Ferlinghetti compose perfino poesie per la radio e per il pubblico di strada che in quegli anni cominciava a sentire il fascino della poesia. Ben presto le sue opere divennero oggetto di vero e proprio culto e la gente faceva, e fa tuttora, a pugni per poter partecipare agli incontri di lettura di poesia da lui tenuti.
In generale quando si legge la poesia di Ferlinghetti si sente nei suoi versi l’aria fresca della cultura contemporanea, le sue contraddizioni e le sue tensioni. Nella Storia dell’aeroplano il lettore coglie la dimensione epifanica, cioè di illuminazione e di intuizione, di una verità che scaturisce da un corto circuito semantico o sintattico tale da sbalordire il lettore per la pregnanza profonda di conoscenza di sé e del mondo. Nello stesso momento, però, la poesia ha un alto valore di problematizzazione del sapere e della conoscenza che perdono in quell’istante le loro certezze e il loro fondamento, avviluppando il lettore in una fitta serie di dubbi e interrogativi. Difatti se leggerete il componimento, vi accorgerete che i versi, a mano a mano, attiveranno processi intuitivi e chiarificatori sul ruolo dell’aeroplano nello sviluppo della storia del genere umano del XX secolo:

E così uomini ingegnosi costruirono macchine volanti
Più grandi e più veloci e
questi grandi uccelli fabbricati dall’uomo
con piumaggio a reazione volavano più in alto di ogni
uccello vero e sembravano quasi volare dritto nel sole
e fondere le loro ali...

L ’inno va avanti per contrasti e opposizioni di visioni: all’inizio di ogni strofa l’aereo è portatore e simbolo di pace, ma poi, con stridenti enjambment, che accelerano il ritmo di lettura e generano un senso di ansia e di disagio, le strofe si concludono con un giudizio di segno contrario: l’aeroplano è foriero di distruzione, disordine nella natura, tra gli esseri della natura. Nella prima strofa leggiamo:

...pensavano di aver
inventato
qualcosa che poteva portare pace sulla terra … ma il parlamento degli
uccelli fu atterrito
questo uccello fabbricato dall’uomo e fuggì nell’alto.

Il contrasto aumenta nelle strofi successive:

e volò attraverso il terrifico Pacifico ma le pacifiche
colombe
furono terrorizzate da questo strano uccello anfibio
e si nascosero nel cielo ad oriente. … ma gli uccelli della pace non si trovavano da nessuna
parte prima o dopo Hiroshima.

A me pare significativo anche il regolare rientro dei versi in maniera costante, tanto da raffigurare l’alternarsi del normale con l’anormale e il susseguirsi del ritmo del respiro: fuori e dentro, in un coinvolgimento subliminale del lettore.
E’ altresì interessante notare come nelle due strofe finali i versi si accorcino, sino a diventare versicoli come se il poeta volesse sottolineare la volontà di scomparire, di diventare piccolo, quasi di eclissarsi perché la vita ormai è difficile e gli scenari mondiali sono segnati da ceneri, caos, disperazione, grida e sussurri:

E un vento di ceneri soffia sulla terra
E per un solo lungo momento in eterno
E’ caos e disperazione

E seppelliti amori e voci
Grida e sussurri
Riempiono l’aria
Ovunque

La poesia non termina con un punto finale perché il dolore continua, come pure continua la ricerca in ognuno di noi, ovunque delle nuove vie della pace, dell’ordine, della serenità e dell’amore. Ciò che colpisce è l’ossimoro del secondo verso in cui il poeta unisce, in un tutt’uno, la brevità del momento con l’eternità della vita, entrambi segnati dalla negatività. Nella terza strofa le colombe, il sempre efficace simbolo della pace, sono ’terrorizzate da questo strano uccello anfibio
e si nascosero nel cielo ad oriente

e un bel giorno un Terzo Mondo reagì
ferocemente e
prese d’assalto i grandi aerei e li volò dritti nel cuore
pulsante
del Grattacielo America dove non c’erano né
uccelliere né
parlamenti di uccelli ed in un flash accecante l’America
divenne una parte
della terra bruciata del mondo

Come si vede chiaramente, non abbiamo a che fare con una poesia agiografica o celebrativa delle glorie della patria minacciata. L’orrore e lo sdegno, sempre mitigato da una sottile patina di ironia, sono contro tutti gli uccelli fabbricati dagli uomini e contro coloro che si avventano sui semplici e sui cittadini perché questi non sono né ’uccelliere’ ne ’parlamenti di uccelli’. Si comprende che il poeta eleva un forte grido contro tutto ciò che rappresenta le istituzioni di oppressione. Inoltre Ferlinghetti alza l’indice accusatore contro tutti perché egli sostiene che in nome del progresso e della democrazia occidentale si fa violenza ai molteplici Terzi Mondi. E qualcuno di questi, a sua volta, in nome del suo Dio, porta "caos e disperazione, vento, fuoco e cenere".
Nonostante il forte sostegno che il poeta ha dato a tutti i Paesi poveri, in questa vicenda, però, egli comunque accusa i carnefici di Bin Laden perché hanno portato morte ai semplici e agli inermi.

Ma non è il poemetto iniziale a rendere prezioso e unico il libro, bensì sono le brevi poesie successive a rappresentare un vero tesoro per il lettore che ama la poesia e che ha a cuore la rinascita dell’umanità sotto le insegne della letteratura, intesa, questa, quale strumento di conoscenza del sé e del mondo, quale viatico per un’azione riformatrice dello spirito del tempo.

La seconda sezione si apre con una terzina mirabile nella sua lapidarietà, nella sua pregnante incisività:

Poesia è
notizie dalla frontiera
della coscienza

Il commento non necessità di alcun commento. A me piace rileggerla e sentire il percorso di questa forza rigeneratrice, la Poesia, che avanza sicura tra le miriadi di informazioni da cui oggi siamo tutti inondati e che arriva da un luogo lontano e vicino, da un luogo raggiungibile e irraggiungibile, cioè dal luogo della coscienza. La quale, non a caso, è legata alla parola frontiera dalle molteplici connotazioni semantiche, culturali ed emozionali. La frontiera è luogo lontano, di confine, che segna lo spazio di ciò che ci appartiene da ciò che sentiamo non nostro, anche un poco a noi ostile, che incute timore. Inoltre frontiera è luogo di tensione e di guerra, è spazio del conflitto, del dilemma; e l’uomo post-moderno è coscienza e consapevolezza della marginalità, dell’incertezza, delle sabbie mobili esistenziali in cui ognuno di noi cade o può cadere mille volte in un solo giorno.
Nella sua brevità la poesia ci richiama alla mente la lezione di Ezra Pound, che pur avversato politicamente, ha lasciato una forte traccia nella poesia statunitense e mondiale. Fu infatti Pound ad introdurre nella letteratura degli USA una poesia in forma breve, quasi epigrammatica, che affidasse gli svariati significati ad un’immagine incisiva e immediata, tanto da lasciare il lettore stordito per le sue pregnanze, a riflettere e a rimuginare i vari sensi della poesia.
Come, poi, non ricordare gli Haiku giapponesi, composti di solo tre versi con 17 sillabe in tutto (5-7-5 ), che sono un campo impegnativo per chiunque voglia intraprendere la strada della poesia.
Starei qui a descrivervi tutte le 160 brevi poesie, tanto sono belle, illuminanti e provocatorie sul piano intellettuale e morale; ma per ragioni di spazio e per stimolare il lettore ad un’analisi personale, mi limito a segnalarne solo qualcun’altra.
La seconda composizione chiama direttamente in causa la poesia italiana tramite il Sommo Poeta, del quale Ferlinghetti si impossessa dell’incipit della Divina Commedia. Infatti a pagina 18 troviamo:

Poesia è
il grido che grideremmo
al risveglio di una selva oscura
nel mezzo del cammin
di nostra vita

La poesia è qui grido di gioia, di liberazione, di soddisfazione perché ci aiuta a dipanare l’intrigata matassa dell’esistenza nostra che viene definita con le stesse parole di Dante, ’selva oscura’. E’ motivo di orgoglio per noi Italiani, resi sempre più piccoli nell’attuale scacchiere mondiale, spesso vilipesi e derisi, constatare che i più grandi poeti del mondo, ancora oggi, non possano fare a meno della cultura italiana. La quale è considerata per Ferlinghetti un tassello fondamentale per la costruzione di una solida, valida e analitica coscienza letteraria, senza la quale non si può essere un buon poeta, in qualsiasi angolo del pianeta. Ho provato un forte brivido quando ho letto la poesia per la prima volta, perché ho sentito che la nostra familiarità con Dante Alighieri diventava familiarità mondiale e non solo tra gli addetti ai lavori, gli studiosi internazionali, ma anche tra le giovanissime generazioni, tra i lettori dei ceti umili e lavoratori, ai quali il libro è rivolto. Per l’autore del volume, la poesia è pietra nello stagno che rompe la routine, il conformismo, il quotidiano; essa crea scompiglio nell’ordine apparente delle cose e degli uomini che amano l’abitudinario: ’Poesia è anarchia dei sensi’.
Ma poesia è anche la portentosa magia che riesce a dare ordine al disordine etico ed estetico e a riportare senso e significanza là dove può sembrare non esserci affatto; ‘...che si fa senso’ (pag. 28). Tra le tante cose di cui è composta, la poesia

E’ fatta da sillabe di sogni

La linearità e la semplicità non devono trarre in inganno il lettore che può ritenere queste due qualità un segno di superficialità o, ancora peggio, di sciatteria. Al contrario, il discorso poetico chiaro ha lo scopo di andare diritto al cuore della questione centrale che occupa tuttora la mente del poeta. Egli vuole ‘sferzare le assurdità della società e della cultura americane’ , dice Damiano Albeni, nella sua presentazione dell’altro volume del Ferlinghetti, Un Luna Park del cuore. In termini generali le sue poesie investono anche la mediocrità dell’individuo contemporaneo. E lo fanno, continua Ambeni, percorrendo il paesaggio intimo del poeta. Guidati dall’incredibile humour morale di questo teen-ager ottuagenario che continua a girare il mondo per leggere le sue poesie ad un pubblico sempre più numeroso, i lettori si ritroveranno su un fantastico ottovolante emotivo lanciato dentro il proprio tempo e in se stessi.
Non sarà sfuggito al lettore la pugnace vena critica del poeta che appare in quasi tutte le poesie di questo volume, ma che in generale segna l’intera produzione artistica, dagli esordi nel 1958 con Una Coney Island della mente, fino ad oggi con Un Luna Park del cuore. Marinoni e i suoi colleghi, in un famoso testo di letteratura americana sostengono che: ‘l’autore e il suo gruppo di amici erano ribelli contro l’etica dominante della società americana: contro ciò che vedevano in termini di conformismo, materialismo, ipocrisia, consumismo e convenzione, specialmente contro il mondo degli affari, della politica e del militarismo’.
Da questa raccolta di poesie, in complesso dall’intera produzione artistica di Ferlinghetti, emerge un’idea forte della poesia del Novecento, di una poesia che, nata nel cuore della crisi determinata dal disinganno umanistico, ha tentato di ricostruire un rapporto solidale con il mondo, di una poesia e di una cultura che ha avvertito fin dall’inizio come proprio carattere distintivo la centralità del valore etico. G. Quiriconi nel n. 165 di Poesia incalza e dice che si riscontra la necessità di sostituire alla ricerca del bello la ricerca di un rapporto autentico con il mondo e con le ragioni del vivente.
La terza sezione è una selezione di consigli, in forma epigrammatica ed illuminante, che il poeta, sempre giovane, sente di indirizzare ai giovani che amano la poesia e si accingono a scriverla. Il poeta americano non corre il rischio di apparire un nuovo santone o Messia dell’arte creatrice, perché sa benissimo che in arte i maestri devono essere studiati e assimilati per potere in seguito essere superati e anche avversati se si vuole conservare la freschezza e l’autenticità della propria voce. Così, mentre sembra che egli dia consigli, in realtà spinge i giovani ad essere se stessi, a cercare la propria via, il proprio stile:

Inventate un nuovo linguaggio che tutti possano capire

Gli inviti del poeta sono tutti rivolti alla trasgressione e all’originalità:

Ballate con i lupi e contate le stelle, incluse le
invisibili

Oppure

Liberate segretamente ogni essere in gabbia che
vedete

O ancora

Mettete in discussione tutto e tutti. Siate sovversivi,
mettendo costantemente in dubbio la realtà e lo
status quo

Ed infine un’invocazione che ci ricorda un insegnamento di Heiddeger:

Impegnatevi in qualcosa al di fuori di voi. Siate
militanti. O estatici.

Non è un caso che questi ’precetti’ producano una fitta e spessa trama di emozioni, a volte contraddittoria e spesso complementare, che lascia intravede il percorso da intraprendere da parte di ogni poeta per la realizzazione di un ’esistenza autentica, la quale è possibile, hiedeggerianamente parlando, come apertura al mondo e come consapevole progettualità oltre il quotidiano.

Ci congediamo con una folgorante poesia dal suono meraviglioso e dalla dimensione metafisica:

Poesia è libro di luce nella notte
che disperde nuvole di inconsapevolezza

Giuseppe Rotoli

Immagine da Wikipedia

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