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giovedì 20 novembre 2008, di redazione
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Che cosa sono i fiori? non senti in loro come una vittoria? La forza di chi torna da un altro mondo e canta la visione. L’aver visto qualcosa che trasforma per vicinanza, per adesione a una legge che si impara cantando, si impara profumando.
Che cosa sono i fiori se non qualcosa d’amore che da sotto la terra viene fino alla mia mano a fare la festa generosa.
Che cosa se non leggere ombre a dire che la bellezza non si incatena ma viene gratis e poi scema, sfuma e poi ritorna quando le pare.
Chi li ha pensati i fiori, prima, prima dei fiori.
da Senza polvere senza peso, Einaudi Editore 2006, pag.121 Mariangela Gualtieri ( 1951)
La poesia, formata da 4 gittate strofiche, si presenta come una serie di domande, alle quali il poeta subito fornisce risposte, dirette e indirette, esplicite ed implicite, chiare e allusive. Tutte e quattro iniziano con un pronome interrogativo (Che cosa, Chi) a porre in rilievo la qualità indagatrice del poeta, la volontà di andare oltre la superficie, di superare il deja-vu, di sgretolare incrostazioni concettuali e comportamentali. Vi è una pacata ma ferma volontà di trovare e dare risposte nuove. La semplicità del dire, del chiedersi,(che cosa sono i fiori? Chi li ha pensati) non sta ad un semplicistico e banale esplorare sotto la faglia freatica dell’essere, bensì ad un’azione di trivella che, perforando le superficie del vivere, ne porta alla luce l’essenza: l’amore. L’amore della riscossa dall’anonimato, dalla insignificanza, l’amore palingenetico, che salva e rinnova, che ‘viene …a fare la festa generosa’. La vita ridiventa festa, riconquista i suoi originari e originali colori e profumi. I fiori qui sono l’emblema, il simbolo, ma anche la concretezza dell’amore; sono la vittoria, ‘la forza di chi torna/da un altro mondo e canta/la visione’. I fiori portatori di luce e di verità nuove, di verità dimenticate, di verità seppellite dalla società contemporanea, alla ricerca delle apparenze, dei surrogati. Questi della Gualtieri non sono i milioni di fiori di plastica, ma sono fiori veri che sanno trasformare ‘per vicinanza, per adesione ad una legge/ che si impara cantando, si impara profumando’. Qual è la legge? E’ ora ovvio che è la legge dell’amore, della vicinanza all’umanità , alla natura, ai profumi, al profumo di ciò che è oltre le apparenze, è la vicinanza a Dio, che pur non essendo mai nominato è presente prepotentemente nel distico finale: ‘Chi li ha pensati i fiori,/ prima, prima dei fiori.
La forza comunicativa della poesia è affidata, inoltre, alla punteggiatura e al ritmo. I numerosissimi nuclei giambici danno sostanza ritmica ad un crescendo, ad un elevare affidato alla seconda sillaba della coppia, come a voler sollevare il piede, la mano, la testa, lo spirito del lettore. L’attacco con l’accento sulla seconda sillaba di cosa, di sono, di fiori nel verso 1 e negli altri versi successivi è una scarica di energia, una sorta di fluido elettrico che scorre sotto pelle nel lettore, che inconsapevolmente si ricarica e si sente positivo. Sì, la positività dopo decenni e decenni di negatività, ritorna a far capolino nella poesia italiana, grazie a questa poetessa dallo sguardo acuto e profondo. Ci sarebbe da dire ancora molto sulla punteggiatura, ma il discorso si allungherebbe di molto. Per il momento godiamoci questo capolavoro rileggendolo con gli occhi, ad alta voce, seduti, in piedi e lasciamoci avvincere e trasformare. Una bella cura contro la depressione imperante.
Prof. Giuseppe Rotoli