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Don F. Montesano (5): “la mia strada si oscura sempre più”

sabato 17 ottobre 2015, di redazione


Nell’articolo precedente abbiamo accennato ai rapporti tutt’altro che idilliaci che intercorrevano tra don Francesco Montesano e gli altri sacerdoti di Grazzanise, accusati di condurre una “subdola lotta” nei suoi confronti, e con l’Arcivescovo di Capua.

Tali conflittualità avevano un’importanza particolare per la psiche del prete il quale si sentiva a torto emarginato e combattuto. Di questo stato d’animo abbiamo la testimonianza di alcune minute di lettere, senza data, indirizzate al Papa o di varie versioni di una stessa lettera. Come sempre esse sono vergate a mano, con una grafia estremamente confusa, contorta e a volte poco comprensibile e manifestano l’estremo disagio vissuto da Don Francesco.
Ecco la minuta di una prima lettera, scritta in una grafia particolarmente faticosa, frenata, a volte illeggibile anche a causa di sbiadimento:

“Genuflesso ai tuoi piedi, Padre mio, rinnovo con questa la preghiera che in questi giorni oralmente ho fatto a te. E tu, con la grazia di Dio, mi hai ben compreso!
Giusta (!) colloquio, ho fatto comprendere che mi trovo in condizione psichica tanto delicata per cui voler ancora XXXtareggiare potrebbe per me essere pernicioso.
Solo per la grazia di Dio posso aver gli occhi spalancati e guardare con occhi negli occhi tutti quelli che agiscono furbo modo. Se mi si costringerà a far la mia apologia non so cosa ne verrebbe fuori.
Non ho fino a questo momento usufruito di un sol soldo alle spalle della vostra chiesa e i miei non hanno sfruttato un moggio di terreno.
E’ stato per idiozia o per i bei sentimenti cristiani che hanno forgiato il mio animo! Non mi è venuto mai per la mente di fare carriera. L’unica mania che ho avuto è viver col mio e in pace.
Intanto s’è da un po’ in qua per sole beghe XXX voleste (!) macchiar la mia persona. La qual cosa ora che io voglio chiarire.
Comunismo (!) solo per i terreni - condotta morale non un appunto da parte dei superiori - Per tutto il periodo di Roma niente mai dai superiori . Ora per cose mie desidero essendomi dai medici stato detto che per star bene mi necessita forte attività xxx lavoro. Poiché c’è stato comunismo (!) voglio battagliare contro costoro (!) e fratelli anzi facendo mio il metodo di S. Agostino, potrei agli affetti ottenere molto. Desidero allontanarmi dalla mia zona essendo questa per natura maligna desidero tornarmene a Roma avendo avuto tramite la precedente vita a Roma visto solo il bello e il buono. Aiutatemi potrei cadere in qualche errore terribile”.

Nella parte interna del foglio compare un altro testo, scritto con inchiostro e con grafia molto più sicura e regolare, tendente a destra, che segue il rigo senza allontanarsene. Non sembra la stessa mano!:

“Santo Padre!
A te ultimo e solo mi rivolgo ancora pieno di fede e di speranza con la convinzione nel cuore di essere da te compreso ed illuminato su quanto costituisce per me l’unico scopo del mio vivere. Ho esposto …………………
…[punti di sospensione nel testo]
Una completa confessione e verità dei fatti e delle circostanze che mi avvolgono e mi opprimono. Mi necessita un tuo personale intervento per il riesame sotto altra luce della mia situazione attuale che non so se volutamente o casualmente non è stata presa in alcuna considerazione.
Sento che col passar del tempo la mia strada si oscura sempre più e temo di non riuscire più a sopportare un sì ingiusto sacrificio che potrebbe spingermi inesorabilmente verso l’abisso.
Fiducioso prego e bacio la mano”.

Su un altro foglietto ci sono poche righe in cui compaiono analoghi concetti:

Beatissimo Padre
Il sottoscritto, Sac. Montesano Francesco dell’Archidiocesi di Capua, pieno di fede e di speranza, con la convinzione d’essere ben compreso, umilia alla Santità Vostra la seguente preghiera.
Il 23-2-953 espose al S. Ufficio e alla Congregazione del Concilio una completa confessione e verità dei fatti, che l’ avvolgono e l’opprimono.
Mi necessita un Suo personale intervento per il riesame.”

Leggendo queste pagine senza data ma presumibilmente risalenti ai primi anni ’50 a giudicare da un paio di lettere ricevute da Roma riportando la data del 22 e 26 maggio 1953, ci si rende conto che né la guerra appena finita, col suo carico di distruzioni materiali e morali, né l’attivismo sociale e politico, culminato nel confino, sono considerati dal prete come causa scatenante del suo disagio psichico. Neppure la morte violenta del fratello, avvenuta nell’agosto del 1952, viene ricordata. Senza dubbio questi avvenimenti avranno avuto un impatto sulla sua psiche ma non sono percepiti come causa del malessere e comunque non sono ricordati come tali nelle carte che abbiamo. L’impegno su tanti fronti, sacerdotale, politico, sociale, non è mai additato come fattore di instabilità. Anzi il lavoro è considerato terapeutico. Quello che più colpisce l’animo di don Francesco è la “lotta subdola” che gli fanno gli altri sacerdoti i quali “si sono uniti ai mariuoli fascisti [e] mi avversano con più forza”. Ciò lo mette in crisi, gli fa chiedere aiuto alla curia diocesana. Il mancato accoglimento delle sue lagnanze lo fa addirittura vacillare nella sua fede. Così si rivolge direttamente al Papa.

Egli si rende conto che la sua resistenza sta per venir meno, che il suo equilibrio è sul punto di rompersi: “Le condizioni del mio sistema nervoso mi mantengono in XXX”.
“La mia strada si oscura sempre più”.
“Feci pervenire nelle tue Sante Mani una lettera con la quale esprimevo le mie speciali condizioni psichiche” .
“Mi trovo in condizioni psichiche tanto delicate”.
“Una formidabile lotta interna mi sconvolgeva tutto l’essere”.
“Il mio era il grido, l’invocazione di chi sta per affogare”.
“A tante incomprensioni non resistetti, il collasso psichico ricominciava”.

Queste frasi, estrapolate dalle sue carte, sono estremamente rivelatrici.

frates

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