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venerdì 22 agosto 2014, di redazione
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Per tutto il 1800, almeno fino alla battaglia del Volturno che sanciva l’annessione del Regno delle due Sicilie alla Casa Savoia, portando a compimento la maggior parte del sogno coltivato dai patrioti italiani, molti centri dell’Italia meridionale, segnatamente in Terra di Lavoro, pullulavano di “carbonari”, di garibaldini, di “democratici”.
Essi si ispiravano alle idee dei tanti, Mazzini in testa, che propugnavano l’unificazione della Penisola, ed erano l’avanguardia di un movimento più silenzioso, sotterraneo, che tramava contro il Borbone e aspirava all’Italia una, libera e indipendente, magari repubblicana (1) . Ciò non vuol dire, però, che tale movimento fosse maggioritario nel regno meridionale, anzi, esso doveva vedersela contro il sostegno popolare di cui godeva il Borbone, contro le classi dominanti più retrograde e soprattutto contro l’apparato burocratico-poliziesco.
Gli esponenti ”democratici” erano oggetto di attenzione da parte della polizia e trattati con durezza dal regime vigente. Considerati sovversivi, settari, in quanto appartenenti a sètte più o meno segrete, erano perseguiti dall’autorità giudiziaria con mano pesante.
Non ha bisogno di essere sottolineata la durissima, efferata repressione della Repubblica Napoletana del 1799. Sono tantissime le pubblicazioni in proposito.
Un altro esempio è costituito dal processo per i fatti del 1820, che si concluse il 15 dicembre 1823 con due condanne a morte nei confronti di Pietrantonio De Laurentiis, di Casaluce, e Giuseppe Carrabba, di Lanciano ma residente a S. Maria CV. Particolarmente orrenda fu la morte di quest’ultimo. Infatti, come riportato nella Autobiografia di Andrea De Domenico (2), il Carrabba non morì a seguito dell’impiccagione e rinvenne durante la notte mentre era deposto nella sagrestia della Congrega di S. Giuseppe. Al mattino seguente a nulla valsero le sue preghiere rivolte al sagrestano andato a seppellirlo. Costui, chiusa la porta, andò ad avvertire il Procuratore Generale il quale diede ordine di uccidere il condannato. Fu finito a colpi di zappa.
Un altro processo si concluse l’8 ottobre 1852 nei confronti di numerosi inquisiti per i fatti della ferrovia a S. Maria CV, nell’ambito della rivolta scoppiata a Napoli nella notte del 14-15 maggio 1848. Furono comminate dalla Gran Corte Criminale sette condanne a morte poi commutate in ergastolo, tra le quali quelle inflitte a Silvio Spaventa e Raffaele Conforti e varie condanne a 25 e 30 anni di ferri. (3)
“Pur essendo stato Terra di Lavoro il territorio dei feroci briganti al servizio della reazione borbonica, legittimistica, da Gaetano Mammone, Fra’ Diavolo fino a Francesco Guerra, Domenico Fuoco, è altrettanto vero che il Risorgimento Italiano in Terra di Lavoro è pregno di avvenimenti e personaggi di rilievo che ci comunicano l’esistenza di un filo logico che unisce il 1799 al 1860, passando per i moti del 1820-1821 e le rivoluzioni del 1848”. Così inquadra la situazione generale della nostra provincia Angelo Martino. (4)
Grazzanise non fu estranea al movimento carbonaro. Nell’articolo suddetto, l’autore ci informa che “un documento della Biblioteca del Museo Campano ci fornisce il numero di settantaquattro vendite nella provincia di Terra di Lavoro” di cui due si trovano a Grazzanise (Gli Israeliti Liberati, Gli Imitatori di Attilio Regolo).
A proposito della prima vendita, Gli Israeliti Liberati, conosciamo il nome del Gran Maestro, Abbate Francesco, come risulta da un elenco pubblicato da Antonio Martone. (5)
Ancora più preciso l’elenco dei Carbonari di Terra di Lavoro redatto dall’ASNA Ministero della Polizia Generale (6). Da esso si apprende che erano Grandi maestri a Grazzanise il suddetto Abbate Francesco e Parente Francesco, i quali figurano anche nell’elenco relativo a Capua insieme a Tessitore Giovanni (Gran Maestro) e Tessitore Domenico (1° assistente).
Considerando un numero minimo di dieci aderenti per ciascuna ‘vendita’ si ricava che almeno una ventina di carbonari dovevano essere presenti nel nostro paese, un numero non trascurabile considerato che la popolazione del paese ammontava a fine ‘700 a 1191 abitanti. (7)
Ma è il processo del 1849 quello che ci riguarda più da vicino in quanto vi fu coinvolto, tra gli altri, Bernardo Caianiello fu Vincenzo, 53 anni, possidente di Grazzanise. L’inchiesta era partita dalla denuncia di un certo Luigi Cantasani, di Sessa. Sempre “per indicazione del Cantasani fu arrestato Bernardo Caianiello di Grazzanise già partecipe dei moti del ’20, e contemporaneamente lo denunziava l’intendente quale settario tra i primi, e noto perché nella sua casa si erano riuniti i più riscaldati repubblicani in occasione della pubblicazione dello Statuto. Faceva proseliti ed era stato carbonaro nel ’20”. (8)
Ad ogni modo al Caianiello, che negando di essere quello del 1820 respinse ogni addebito, andò bene perché non gli fu riconosciuto “il reato di associazione settaria” e fu posto in libertà provvisoria. (9)
Se le vicende e i personaggi fin qui citati sono immersi nella nebbia della storia, c’è un personaggio che, viceversa, gode di molta popolarità, sebbene anche per lui la documentazione scarseggi. La sua figura è circondata da un’aura eroica grazie soprattutto al sintetico ritratto che ne fa Don Angelo Florio: "…Se fu inferiore a questi per censo, autorità e ricchezza, fu superiore a tutti per il suo fortissimo animo, virile, patriottico e battagliero, il Capitano Garibaldino Don Paolo Zito”. (10)
Basti qui quanto descritto da Wikipedia per averne un quadro di uomo di azione oltre che di fede: “Il 15 maggio 1848 il prete Paolo Zito, allora trentaquattrenne, si trovò coinvolto nei moti rivoluzionari di Napoli (150 morti, varie centinaia di feriti e 600 arresti, fra entrambe le parti); fu arrestato per omicidio e rinchiuso nel carcere di Procida , ma fu in seguito graziato su petizione al re inviata dal cardinale Giuseppe Cosenza (nell’arcivescovado di Capua c’era monsignore Angelo Abbate di Grazzanise).”
"Altro Capo Garibaldino di non minor rilievo fu il Capitano Pasquale Raimondo, che comandò la Guardia Nazionale Civica, dopo essersi segnalato nella battaglia del Volturno ad Alife ed a S. Angelo in Formis” (11).
Ma siamo già in piena epoca garibaldina. Il Canonico don A. Florio cita altre due figure di patrioti del tempo, cioè D. Paolo Florio, sindaco, e Mattia Caianiello, notaio.
E da parte sua il prof Carmine Cammino individua anche Grazzanise come un centro in cui era più consistente la presenza di democratici tra il 1861 e il 1870. (12)
Ma torniamo indietro per concludere che, a parte personaggi ‘rivoluzionari’, il mondo clericale non era monoliticamente caratterizzato da ostilità verso le istanze più avanzate in politica e acritica adesione alle posizioni della Chiesa. C’erano infatti esponenti un po’ più aperti verso il nuovo, i quali, pur rispettando la loro appartenenza e il loro ministero, erano sensibili alla ventata di patriottica aspirazione all’unità della patria. (13)
Tra di essi ricordiamo Don Antonio Raimondo e don Filippo Gravante.
NOTE:
(1) "A Capua furono scoperte due sètte: la Nuova Riforma di Francia e Gli Scamiciati. L’una e l’altra setta si proponeva di proclamare la repubblica” In La civiltà cattolica, 1860, pag. 80
(2) Il riferimento è nell’opuscolo “La città di S. Maria C. V. alla Mostra di Documenti Storici del Risorgimento nel Napoletano”, Tipografia Umili Ferdinando, maggio 1911
(3) cfr: Giuseppe PALADINO: il 15 maggio 1848 in Napoli, Milano, Società Dante Alighieri, 1921 e, dello stesso autore, Il processo per la setta dell’unità Italiana e la reazione borbonica dopo il 1848, Firenze, Le Monnier, 1928.
(4) Angelo MARTINO: “Risorgimento in Terra di Lavoro, dal 1799 alla diffusione della Carboneria” in Nuovo Monitore Napoletano.
(5) Antonio MARTONE: “La carboneria in Terra di Lavoro”, in Le Muse n° 2-3, Mag-dic 2009
(6) Luigi RUSSO: La Carboneria in alcuni Comuni di Terra di Lavoro, in http://www.storiadelmondo.com/72/russo.carboneria.pdf
(7) Achille MOLTEDO: Dizionario geografico-storico statistico dei comuni del Regno delle Due Sicilie, Napoli, Stab. Tip. Del Cav. Gaetano Nobile, 1858.
(8) Vincenzo CASTALDO: La setta dell’Unità Italiana in Terra di Lavoro e il suo processo, in Rassegna storica del Risorgimento, 1921
(9) ibidem
(10) D. Angelo FLORIO: La mia terra, i suoi grandi e il mio diario di guerra, Tip. G. Beato, S. Maria CV, ott. 1964
(11) ibidem
(12) Rassegna Storica del Risorgimento, Anno LXVIII, Fascicolo IV (Ottobre – Dicembre 1981)
(13) Secondo lo storico Rosolino Chillemi, nella sola diocesi di Capua il numero degli ecclesiasti aderenti alla Carboneria annoverava ben 220 persone (Clero e Carboneria a Capua e Caserta nelle carte del Principe di Canosa, Roma, 1967)
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