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Gomorra... delenda est!

lunedì 27 febbraio 2012, di redazione


Castelvolturno sempre al centro della cronaca giudiziaria. Quattordici arresti, numerosi indagati e beni sequestrati, sono le novità dell’ultimo provvedimento dell’A.G del 22 febbraio c.m. dal quale - leggendo le accuse - emerge un notevole coacervo amministrativo, responsabile di una scellerata commistione tra politica e affari, tra affari e camorra. Sul Comune, come sul territorio.
Appena due settimane fa, Castelvolturno lo si ritrovava anche (ancora) nell’elenco dei comuni sottoposti ad indagine da parte di apposite “Commissioni di accesso”, nominate dal Prefetto di Caserta. In quell’occasione era in compagnia di Casapesenna e Casale.
I giornali, in questi casi, ormai parlano sempre di indagini nelle “Terre di Gomorra”, abusando di una denominazione ad effetto, ma incontestabile, che amplia a dismisura il territorio condizionato dalla camorra. Quindi, sono di Gomorra non solo i comuni dell’agro casalese, ma anche quelli lungo il mare. Questo perché non si tratta solo di comuni sottoposti all’azione violenta del “Clan dei casalesi” - diciamo vittime - ma, per la cronaca, di territori organici alla camorra. Perciò, “Terre di Gomorra”, oggi è un’espressione che serve per circoscrivere una nuova realtà territoriale e sociale. Così, come una volta si diceva “Basso Volturno” e “Agro aversano”, per indicare due separati comprensori agricoli, ora basta dire Gomorra per indicarne uno solo, per aggregare l’uno all’altro, con confini dilatati ma unitari. Perché, ormai da alcuni anni, il dato unificante è principalmente quello criminale, che ha sostituito quello geografico, scomparso sotto il degrado sociale e ambientale. Gomorra, quindi, una città che dall’interno va fino al mare. E’ un terribile passo indietro anche rispetto ad alcuni anni fa! A Castelvolturno c’è, ovviamente, chi si ribella a queste generalizzazioni, a questi accostamenti. Si tratta di quei cittadini che coltivano ancora il senso di un’identità locale - ahimè!- antica e ridottissima. Oppure di coloro che vedono il male venire sempre da fuori, e che con “ i casalesi” non vorrebbero avere a che fare in nessuno modo. Prevale, a quanto si capisce, fortemente l’atteggiamento di sentirsi vittime dei “casalesi”, responsabili di tutto.
Nell’uno, come nell’altro caso, spesso il giudizio è sommario, e poco ci si preoccupa di distinguere i casalesi, cittadini onesti di Casale, dai “camorristi di Casale”. L’importante è solo prendere le distanze, evitare la confusione con il diverso, di cui, appunto, siamo sempre vittime. Ma non è così. Nell’agro aversano, come sul litorale, vi sono tante persone civili e oneste, che si oppongono alla camorra e al suo strapotere. E’ questa è una verità, non un modo di dire. Ma ormai, nostro malgrado, siamo tutti accomunati nello stesso giudizio, dal momento che entriamo tutti a far parte delle “Terre di Gomorra”.
Infatti, se uno di questi Comuni - è il caso di Castelvolturno - è continuamente sottoposto ad inchieste giudiziarie per “cause proprie”; se alcuni suoi amministratori e alcuni suoi dipendenti, e anche insospettabili cittadini - salvo giudizio finale - sono accusati di rapporti diretti o indiretti con la camorra (ricordiamo che il Comune è già stato sciolto per questo!), per quale motivo dovrebbe sentirsi diverso e vittima degli altri?
La storia del “sacco” di Castelvolturno è lunga, ed ha numerosi risvolti. Ma, per rimanere ai fatti contestati oggi - e ad un tema per me fondamentale - tutto si deve far risalire alle responsabilità di quelle sciagurate amministrazioni che hanno sempre evitato l’approvazione del PRG. Lo scopo evidente, era quello di avere le mani libere da ogni regolamentazione, e di poter derogare rispetto a ciò che non c’era. E’ in questo voluto e ostinato contesto che si è costruito abusivamente, e sono state rilasciate licenze in deroga, sia per piccole costruzioni che per grandi complessi; che sono stati fatti Accordi e nuove Ipotesi di Piano (PUC) in cui si travasava di tutto. In danno della collettività.
Il “Domitia Village”, ad esempio, considerata l’area di alto valore storico e paesaggistico su cui è stato costruito, non si sarebbe mai potuto autorizzare né come complesso produttivo, né come complesso turistico, né per civili abitazioni. La polemica sul tipo di autorizzazione rilasciata, è speciosa. E se vi fosse stato un Regolamento Comunale da rispettare, non si sarebbe potuto ipotizzare nemmeno l’insediamento della “Cittadella sportiva” nella pineta. E via di questo passo…
La Casa Comunale, per certa gente, è sempre e solo un’ Agenzia di Affari, affari personalissimi, e le regole sono una vera iattura, quindi da rifuggire, perché ostacolano i loro obiettivi. Come li ostacolano le persone perbene e le buone amministrazioni, da aggredire subito con complotti interni ed esterni, e con il ricorso alla violenza. Tanto da ripristinare sempre una continuità nel malaffare dei nostri Comuni. A scapito della governabilità del territorio.
Ma queste disinvolte gestioni affaristiche, come sarebbero state possibili se il consenso elettorale non si fosse espresso in modo collaterale all’affarismo? Quando da anni parliamo di voto non libero, oppure di scambio, ci riferiamo, appunto, al condizionamento elettorale che viene operato appoggiandosi alla malavita. Di cui, ovviamente, si diventa espressione, a scapito unicamente dei candidati in buona fede e ignari delle manovre truffaldine.
A Castelvolturno, le particolari caratteristiche ambientali e socio - economiche del territorio, eccitano gli appetiti e amplificano i fenomeni malavitosi più che altrove. Ma, per la verità, c’è la stessa ingovernabilità, lo stesso condizionamento degli Enti Locali, che si ritrova a Casale, a Casaluce, Casapesenna, S. Cipriano, Villa Literno….e via enumerando, fino a formare una grande conurbazione che vive nell’illegalità. Per questi motivi, nell’immaginario collettivo dell’intero Paese, dall’Agro aversano al litorale, siamo tutti cittadini di Gomorra, tecnicamente “gomorresi”, abitanti di una vasta area governata dall’Antistato e imperversata dalla violenza della camorra.
Dio, secondo la Bibbia, in illo tempore, esasperato dalla condotta dei suoi cittadini, non trovò di meglio da fare che distruggere Gomorra - unitamente a Sodoma - condannando tutti ad una impietosa morte, compresi i bambini e gli innocenti. Ma queste erano divine arrabbiature e onnipotenti soluzioni. Che non sono date a noi. A noi, involontari cittadini di una triste plaga del malaffare, non resta che unirci nella lotta, dal litorale fino all’’Agro Aversano, per distruggere anche noi la nostra Gomorra, ma in modo diverso.
Questo è il caso di una città nominale, nata dalle rovine di tante altre, ma reali. Per demolirla occorre smontare pezzo per pezzo i mattoni con cui è stata costruita: l’illegalità, il malaffare, la camorra, la cattiva gestione dei Comuni, l’aggressione ai beni ambientali, la speculazione edilizia, l’inquinamento delle acque e della falda, lo sversamento dei rifiuti tossici e nocivi, il disprezzo della vita, il razzismo, il voto di scambio, i delitti contro le cose e le persone… Gomorra delenda est!
Le energie vi sono. Tante volte si sono manifestate nei nostri Comuni, con azioni incisive e importanti, tanto da ripristinare la legalità e riportare lo Stato là dove si pensava che non sarebbe più tornato. Se poi, assistiamo ad un nuovo arretramento, è anche perché la lotta - che paga sempre! - non è stata tanto duratura da conservare le posizioni conquistate; né l’elettorato è stato sempre rigoroso nelle sue scelte. Spesso, ha smarrito la capacità di scegliere. Talvolta anche la volontà.
Ma non ci si può arrendere. Non bisogna assolutamente pensare che non vi siano alternative allo strapotere dell’Antistato, perché la vittoria è spesso ad un passo da noi: non la vediamo se c’è lo scoramento e l’appannamento del senso civico. Ma se c’è voglia di combattere per una società giusta e civile, è sempre ad un passo da noi.

Mario Luise

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