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Non siete Stato, voi!

Stefano Cucchi: per la Corte d’Appello nessuno è colpevole

sabato 1 novembre 2014, di Peppe Florio


Stefano Cucchi è morto per cause non imputabili a terzi: lo ha di fatto deciso la Corte d’appello di Roma, assolvendo tutti gli imputati nel processo per la morte del 31enne romano, morto in carcere nel 2009. Cucchi sarebbe morto da solo, magari tirando testate al muro, prendendosi a pugni da solo, tuffandosi a terra, smettendo di mangiare e di bere: un modo bizzarro di suicidarsi, in effetti. Eppure la Corte d’Appello ha deciso così…né i medici del reparto detenuti del Pertini di Roma, né gli infermieri, né gli agenti della penitenziaria di stanza al Regina Coeli avrebbero responsabilità nel decesso.

Sulla necessità dell’arresto per spaccio (Cucchi aveva addosso hashish e cocaina quella sera del 15 ottobre 2009 e ne aveva appena venduto una dose di hashish quando venne fermato), sì, discutiamone, scambiamo opinioni, scontriamoci anche su come classificare e considerare droghe pesanti e droghe leggere: è legittimo farlo. Ma su tutto il resto non prendiamoci in giro. Guardiamoci in faccia e diciamoci chiaramente che è improbabile che una persona, senza contusioni al momento dell’arresto, abbia difficoltà a camminare il giorno dopo, all’udienza del processo per direttissima. Diciamoci che perdere 6 chili in una settimana è improbabile in situazioni normali, specie se sei alto più di un metro e 70 e pesi 43 chili. Che è improbabile che qualcuno, da solo, riesca a procurarsi lesioni alle gambe, una frattura alla mascella, lesioni al volto, all’addome (inclusa un’emorragia alla vescica) e al torace (2 fratture alla colonna vertebrale), come riportato in un referto del Fatebenefratelli pochi giorni dopo l’arresto, prima ancora del ricovero al "Pertini". Anzi no, tutto ciò non è improbabile, tutto ciò è impossibile.

Ed è vergognoso che uno Stato permetta che propri cittadini vengano ammazzati di botte in carcere e che dei medici si esimano dal curare un paziente, tra l’altro epilettico...come si può passare così liberamente dal ruolo di guardia e tutore dell’ordine a quello di carceriere e boia? E come da medico a carnefice?
Quello che è successo in Corte d’Appello non è altro che il sintomo di quanto in basso sia giunto il livello di questa democrazia...e qualunque dovesse essere la sentenza della cassazione, a cui la famiglia intende ricorrere, questa nazione si porta nel proprio fardello di vittime un altro nome scritto a sangue: Stefano Cucchi.

Peppe Florio

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