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Insegnare democrazia, di Gustavo Zagrebelsky (breve sunto)

sabato 6 dicembre 2008, di paparente


Secondo un luogo comune, l’attaccamento alla democrazia si svilupperebbe da solo, causa ed effetto della democrazia stessa: tanta più democrazia, tanta più virtù democratica. Un circolo meraviglioso! La democrazia sarebbe l’unica forma di governo perfettamente autosufficiente, rispetto a ciò che Montesquieu denominava il suo ressort, la molla spirituale. Basterebbe metterla in moto, all’inizio; poi, le cose andrebbero da sé per il meglio.

Ebbene, a distanza di qualche decennio dalla Costituzione, uno scritto famoso di Norberto Bobbio (Il futuro della democrazia, 1984) tra le “promesse non mantenute” della democrazia indicava lo spirito democratico. Invece dell’attaccamento, cresce l’apatia politica. In Italia, e forse non solo, si è democratici non per convinzione, ma per assuefazione e l’assuefazione può portare alla noia, perfino alla nausea e al rigetto. E’ vero però che la partecipazione può improvvisamente infiammarsi e l’indifferenza può essere spazzata via da ventate di mobilitazione, in situazioni eccezionali. Sono però reviviscenze che non promettono nulla di buono. Gli elettori, eccitati, si mobilitano su fronti opposti per sopraffarsi, al seguito di parole d’ordine elementari: bene-male, amore-odio, verità-errore, vita-morte, patriottismo-disfattismo, ecc., cose che lestofanti della politica spacciano come rivincita dei valori sul relativismo democratico. Parole che potranno forse servire a vincere le elezioni ma intanto spargono veleni, senza che un’opinione pubblica consapevole sappia difendersi, dopo che la routine l’ha resa ottusa. Un difetto e un eccesso: l’uno indebolisce, l’altro scuote alle radici.

Naturale dunque è che si guardi alla scuola e al suo compito di formazione civile. Il decalogo che segue è una semplice proposta.

* * *
1. La fede in qualcosa che vale. La democrazia è relativistica, non assolutistica. Come istituzione d’insieme, non ha fedi o valori assoluti da difendere, a eccezione di quelli su cui si basa. Democrazia e verità assoluta, democrazia e dogma, sono incompatibili.

2. La cura delle individualità personali. La democrazia è fondata sugli individui, non sulla massa. Come Tocqueville ha antiveduto, la massificazione è un pericolo mortale.

3. Lo spirito del dialogo. La democrazia è discussione, ragionare insieme; è, socraticamente, filologia. Chi odia discutere, il misologo, odia la democrazia, forma di governo discutidora.

4. Lo spirito dell’uguaglianza. La democrazia è basata sull’uguaglianza; è insidiata dal privilegio. L’uguaglianza è isonomia – “la più dolce delle parole” – l’uguaglianza delle leggi, che, in Grecia, precedette il secolo glorioso della democrazia ateniese

5. Il rispetto delle identità diverse. In democrazia le identità particolari sono ininfluenti sul diritto di stare in società. Non è stato così in passato; non è pienamente così neppure ora.

6. La diffidenza verso le decisioni irrimediabili. La democrazia implica la rivedibilità di ogni decisione (sempre esclusa quella sulla democrazia stessa). Le soluzioni definitive ai problemi, senza possibili ripensamenti e correzioni, sono dei regimi della giustizia e verità assolute.

7. L’atteggiamento sperimentale. La democrazia è orientata da principi ma deve imparare quotidianamente dalle conseguenze dei propri atti. E’ scontata la citazione della weberiana etica della responsabilità, accanto all’etica della convinzione.

8. Coscienza di maggioranza e coscienza di minoranza. In democrazia, nessuna deliberazione si interpreta nel segno della ragione e del torto. Non vale la massima terroristica: vox populi, vox dei.

9. L’atteggiamento altruistico. La democrazia è forma di vita di esseri umani solidali. La virtù repubblicana di Montesquieu è questo: amore per la cosa pubblica e disponibilità a mettere in comune qualcosa, anzi il meglio di sé: tempo, capacità, risorse materiali. Ciò costituisce la res publica come risorsa comune cui tutti possono attingere.

10. La cura delle parole. Essendo la democrazia dialogo, gli strumenti del dialogo, le parole, devono essere oggetto di cura particolare, come non è in nessun’altra forma di governo. Cura duplice: quanto al numero e alla qualità. * * *

Abbiamo detto della democrazia e cercato di mettere in luce dieci implicazioni pratiche della sua stessa nozione. L’interesse era rivolto agli atteggiamenti spirituali che ne devono conseguire. Sarà stato certamente notato, tuttavia, che il problema più importante e, al tempo stesso, più difficile è stato finora evitato. Si è infatti è taciuto della premessa, l’adesione alla democrazia. Trattandosi di pedagogia, la domanda è se si possa insegnare non che cosa è la democrazia ma a essere democratici, cioè ad assumere nella propria condotta la democrazia come ideale o virtù da onorare e tradurre in pratica. In breve, si tratta di sapere se ideali e virtù, in particolare quella virtù politica che sta a base della democrazia, siano insegnabili oppure no.

Pensando e ripensando, non trovo altro fondamento della democrazia che questo solo. Solo, ma grande: il rispetto di sé. La democrazia è l’unica forma di reggimento politico che rispetta la mia dignità nella sfera pubblica, mi riconosce capace di discutere e decidere sulla mia esistenza in rapporto con gli altri. Nessun altro regime mi presta questo riconoscimento, poiché mi considera indegno di autonomia, fuori della cerchia stretta delle mie relazioni puramente private. La democrazia è, tra tutti, l’unico regime che si basa sulla mia dignità in questa sfera più ampia. Ma non basta il rispetto di sé, occorre anche il rispetto, negli altri, della dignità che riconosciamo in noi. Il motto della democrazia non può che essere: “Rispetta la dignità del prossimo tuo come la tua stessa”. Infatti, il rispetto solo di se stessi e il disprezzo degli altri portano non alla democrazia ma alla lotta per l’affermazione della propria autocrazia, onde evitare la necessità e la limitazione del coordinamento reciproco.

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