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"Stanze", un nuovo romanzo di G. Bergamaschi per i nostri lettori

lunedì 19 maggio 2014, di redazione


Si prova un sottile piacere mentre si scrive un racconto, mentre la storia che stiamo costruendo si sviluppa, un piacere che volge alla tristezza nel momento della conclusione della storia stessa. E’ questo il concetto che Giambattista Bergamaschi prende in prestito da Umberto Eco per presentare la sua ultima opera, “Stanze”, e lo fa in “itinere”, quasi mettendoci a parte della sua esperienza. Egli non sa se il racconto che sta scrivendo rimarrà nel cassetto, perpetuando il piacere di cui sopra o, viceversa, vedrà la luce mettendo fine a quell’incanto. Noi già sappiamo che si verificherà questa seconda ipotesi, giacché ci accingiamo a leggere la storia, ma fingiamo di condividere l’interrogativo per assaporare almeno in parte, perché non possiamo penetrare che fino a un certo punto nel mondo interiore dell’autore, quella sensazione di benessere, quella sorta di sospensione in cui si trova chi inventa e sviluppa una storia.
Ma continuiamo con le parole che Bergamaschi stesso indirizza a una aspirante scrittrice per capire quale groviglio di idee, di sentimenti, di emozioni vanno a innestarsi su una base di perizia tecnica, quando ci si mette di fronte a un foglio bianco e si lascia il proprio mondo per entrare in un altro dove vivono i personaggi che inventiamo e facciamo vivere.
“Ti avranno certamente detto o spiegato o fatto intendere che autobiografarsi è una cura spirituale (ma non solo) davvero fondamentale ed infallibile.
In letteratura, però, occorre farlo in un certo modo, non becero e banale, anche perché il lavoro di scavo sulle parole (quelle "vere", radicate nella nostra più schietta esistenza) è opera di progressiva chiarificazione, "illuminazione" del nostro mondo interiore (l’unico “oggettivo” nella sua “soggettività”), possibilmente coinvolgente anche per altri, cioè piacevole, emotivamente gestita: la narrazione "efficace" è terapeutica sia per chi scrive che per chi legge.
Racconta la tua storia in modo avvincente, dunque, come sapeva fare Sharāzād. Inizia a pensare alla/ripensare la tua vita (passata, presente e, se credi, anche futura) per "capitoli", installavi una trama qualsiasi che possa far scattare in te una decisa libido narrativa che possa "tenerti in vita" almeno durante l’intero tempo dell’affabulazione, ovvero stesura del racconto/romanzo (poi ne verrà sicuramente un altro...), e da lì va’ avanti. Inizia con calma, giraci attorno, prendi tempo, fa’ tutte le digressioni che vuoi, consenti alle tue idee di affiorare come da sé, va’ piacevolmente imbarcando da ogni lato; ad un certo punto, prendi a serrare sempre più le fila (la "legge dell’ipersegno") e concludi con un finale sufficientemente sorprendente e pirotecnico, perché “vero”, di una verità superiore, tanto acuta da lasciarci con il fiato sospeso, con il naso all’insù, e soprattutto con la certezza d’essere approdati su spiagge che non conoscevamo...
”.

Mentre ci accingiamo alla lettura di questo romanzo breve, che potete scaricare qui o dalla rubrica Quaderni, ci auguriamo che l’autore, al quale va il nostro sentito grazie, voglia riassaporare nuovamente il piacere di scrivere mettendo mano a un’altra fabula.

frates

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